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Radicepura 2025: il giardino come natura comanda tra “Chaos (and) Order” 

Radicepura 2025: il giardino come natura comanda tra “Chaos (and) Order” 

È possibile passeggiare in giardini tra caos e ordine avendo come ‘misura’ di tutto le piante? Se lo chiede a Giarre, in quel di Sicilia, Radicepura Garden Festival 2025 che per la sua quinta edizione si trasforma in palcoscenico dal sapore green accogliendo fino al 7 dicembre giovani talenti e maestri del paesaggismo di tutto il mondo.

Qui, sulla costa orientale della regione, tra l’Etna e il mar Ionio, in declivio verso il mare, la città di Giarre accoglie ogni due anni questo meraviglioso evento, la biennale internazionale dedicata al garden design e all’architettura del paesaggio nel Mediterraneo.

Ospitata all’interno del Parco Botanico Radicepura – dove ci si può lasciare ammaliare da ben 10 giardini temporanei (quelli del Festival) e 7 giardini permanenti – prende vita sino circa a fine anno un evento che è in realtà un invito a celebrare il giardino mediterraneo inteso come intreccio di paesaggio, arte ed ecologia per riflettere e riscoprire la connessione tra comunità e natura.

Il Festival 2025 presenta 8 giardini in concorso, 2 nella categoria Off Gardens e 1 partecipazione speciale.

“Chaos (and) Order in the Garden. Quando ho scelto questo tema volevo che la congiunzione tra Caos e Ordine fosse un elemento che tenesse in tensione i due contrapposti: il caos come entropia, forza fuori controllo, forza transitoria capace di prendere forme migliori” spiega Antonio Perazzi, paesaggista e scrittore ma soprattutto direttore artistico di Radicepura Garden  Festival concepito idealmente come “luogo generoso in cui si sperimentano combinazioni”.

La “chiamata” di questa Biennale è imponente: riuscire a trovare il punto di equilibrio tra la spontaneità della natura e l’intervento creativo dell’uomo senza tralasciare il confronto continuo e necessario con il tempo presente e le sue intrinseche complessità.

Riecheggiano nell’aria tersa di Giarre le parole di Mario Faro, direttore generale del Radicepura Garden Festival: “Il festival si pone sempre più come laboratorio di confronto, ricerca e pratica del giardino che non rappresenta più una dimensione privata, ma collettiva se lo pensiamo come bene comune”.

Arrivano da ogni angolo del globo i 10 giardini in concorso, frutto del lavoro e della passione di giovani paesaggisti under 36 selezionati attraverso una call internazionale con l’obiettivo di richiamare l’attenzione su giardini ora lussureggianti ora desertici, ora scapigliati ora perfettamente “inquadrati” in linee precise ed altrettanto esatte regole di costruzione.

Dieci, dunque, i paesaggisti e dieci gli sguardi tutti diversi che aprono interrogativi, riflessioni e pensieri su tematiche sociali e di ecologia all’ombra di un ecosistema in cui prendono forma a briglie sciolte  la meraviglia e la creatività.

Lo stupore … oltre la siepe

Se “Il buio oltre la siepe” ci rimanda alla paura dell’ignoto (ma non solo), a Giarre si va oltre la casa dei Finch, oltre quella di Boo, oltre il pensiero di Harper Lee e l’ignoto diventa non un ostacolo quanto piuttosto uno stimolo, un buco in cui saltare con stupore e fantasia per sperimentare progetti, dare vita a idee e saggiarsi nel proprio potenziale. Aderire ad una call come quella di Radicepura non è certo stata cosa semplice e l’incertezza di farcela, di riuscire a stupire aderendo ad un tema preciso è sempre stata dietro l’angolo per tutti i partecipanti. 

Qui in Sicilia i paesaggisti selezionati in finale di partita si sono lanciati senza paura e senza pregiudizi in un festival a cui hanno cercato di dare il meglio. E ci sono riusciti! L’ignoto è diventato slancio e poi sicurezza, quella di essere stati scelti e di essersi spinti al massimo delle proprie potenzialità senza paura, senza pregiudizi, senza barriere ideologiche. Semplicemente con progetti dettati da una totale libertà espressiva.

Il paesaggista Claudio Bussei con il suo Echoes ha giocato la carta dei ricordi invitando ad una sorta di smarrimento emotivo mentre con la memoria si passeggia in un tempo che va a ritroso verso la cultura mediterranea di cui siamo intrisi. E come avviene tutto ciò? Camminando in un pattern di specie autoctone, essenze odorose e piante spinose.

Il patio realizzato dal team Follow Friday, guidato da Marta e Fernando Gamarro, è invece un’ode ai cortili andalusi traslati in un’oasi mediterranea dove il tempo rallenta e l’anima si rifugia per rigenerarsi.

Vera e propria girandola di colori mixati a forme tra le più disparate è The Rambunctious Garden di Parita Jani e Urvish Bhatt che si sono ispirati ai giardini moghul per celebrare al contempo ecologia e resilienza, mentre tutt’attorno nel loro giardino esplode una natura selvaggia dalla bellezza dirompente.

Fuga dal caos è  Il Giardino della Palma Mazari concepito da Nicolas Roth come un luogo di pace e sospensione, in cui riflettere con calma e lucidità sulla situazione geopolitica attuale.

Carlo Federico e Franco Enrico Serra hanno preferito affrontare un tema più “morbido” ma certo non meno impegnativo: quello della ciclicità dell’esistenza e della rinascita presentando Il Miracolo di Quasimodo, progetto ispirato all’omonimo poeta  e caratterizzato dalla presenza di  giardini gemelli e opposti, in cui porsi al centro dei due poli in una tensione tra vita e morte, ordine e caos.

Osservando poi il Giardino di Terra di Vincent Dumay e Baptiste Wullschleger, in uno sguardo che tiene uniti passato e futuro, si è catapultati in una dimensione quasi mistica, resa tale da una serie di artifici tra cui svettanti colonne di terra cruda, un po’ trend del momento un pò segno di assoluta semplicità un pò invito a considerare come poter fronteggiare il cambiamento climatico.

La macchia mediterranea ha trovato terreno fertile e piena espressione nel giardino ideato dalle architette Monica Torrisi e Giada Straci, che hanno immaginato un muro traforato da aggirare per ricongiungersi al paesaggio circostante in un atto osmotico di compenetrazione  fra uomo e ambiente.

Altro tema di estremo valore è il controllo esplorato nella sua essenza di potere esercitato dall’uomo e di ciò che a questo potere sfugge.  Ci riflette con Intricate Dance of Armonic Contrast il duo Cracks of Nature, formato da Koni Chan e Rose Dancetra geometrie e irregolarità che si intersecano e si sovrappongono attraverso un  reticolato di terra e pietre in netto contrasto con la rigidità del cemento. 

Giardini fuori concorso

Dall’Islanda e dall’India provengono due giardini fuori concorso: comune denominatore la riflessione su questioni di stampo ecologico.

Ignivomus Hortus di Guðmundur Björnsson provoca, punzecchia, quasi stuzzica con irriverente bellezza il tema preciso del surriscaldamento globale connesso all’impatto umano spesso devastante sul pianeta Terra. Quello proposto è  un circuito che si ispira al paesaggio vulcanico sommitale lasciando spazio a  piante colonizzatrici come salvia, ginestra, astragalo, santolina.

Su tutt’altro filone si muove Living Fence dello studio Mantis, che ricrea una recinzione vivente secondo la tecnica di coltivazione giapponese Miyawaki: pochi metri quadrati e… sfidando il pregiudizio della piantumazione ad alta densità ecco che nascono, proliferano ed esplodono in tutta la loro possanza estetica piante autoctone fra le più disparate, offrendo così un vivido spunto di riflessione sulla biodiversità che racchiude in sé la possibilità di integrazione fra mondo vegetale, mondo animale e sfera umana.

“A postcard from Sicily”

Ospite speciale della quinta edizione del festival è la pluripremiata paesaggista inglese Sarah Eberle che firma il progetto A Postcard from Sicily, frutto di anni di viaggi e lavoro insieme a Radicepura e Vivai Faro, ode appassionata alla ricchezza della terra siciliana:

La Sicilia è culturalmente e botanicamente ricca, con una storia di diversità e resilienza. L’Etna è il cuore spirituale della costa orientale, fonte di ispirazione il cui valore va ben oltre il progetto di questo giardino. I ricchi e fertili terreni lavici e le precipitazioni permettono da secoli una varietà di piante provenienti da molti continenti. Il titolo “A postcard from Sicily” esprime come il giardino miri a racchiudere il cuore di questo meraviglioso Paese” ha rivelato la Eberle.

Più che una creazione questa è una storia d’amore, tra l’artista e la Sicilia. Un legame celebrato da vari elementi: un muretto da cui si può scorgere l’Etna, un polpo e limoni in ceramica, numerose varietà di piante – racconta la storia d’amore di Eberle con questa terra generosa e vibrante. Un omaggio al godere di queste meraviglie, al piacere di condividerle con i propri affetti e, in ultimo, una chiamata alla responsabilità di preservare questi luoghi.

In contemporanea al Festival è anche possibile ammirare i giardini di James Basson, Michel Péna, Kamelia Bin Zaal, Paolo Pejrone, Antonio Perazzi e Andy Sturgeon, la collezione permanente di piante grasse, le grandi opere di Emilio Isgrò e Adrian Paci,  la mostra “Rituals” dell’artista Francesco Lauretta.

Radicepura Garden Festival è un’esperienza vivificante, un monito non tanto a vivere il mondo quanto ad abitarlo con rispetto, un luogo sospeso tra il reale e l’oltre in un’esplorazione continua del tema guida 2025: dal caos rinasce la natura e si organizzano le idee.

Il giardino in questo momento storico è a cavallo tra il naturale e l’artificiale e i progetti che saranno realizzati danno spazio ai tempi lenti propri della natura, rivelando la possibilità di creare stupore e meraviglia, assecondando lo sviluppo senza rigidi canoni di progettazione, un modo per rispettare l’ambiente e gli ecosistemi sottesi che in questo modo riescono a coabitare” per concludere con le parole di Antonio Perazzi.

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