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Bere (e sentire) otto secoli di storia

Bere (e sentire) otto secoli di storia

Nessuno sa con certezza se Col Vetoraz abbia preso il nome dalla famiglia che coltiva lì la vite dal 1838 o se siano loro, i Miotto, soprannominati “dei Vetoraz” nel comprensorio Valdobbianese, ad avere  battezzato il colle. Sta di fatto che qui, a 400 metri, all’interno delle colline da cui nasce il Superiore di Cartizze, si produce un Valdobbiadene DOCG dal sentore di  pesca bianca,  pera, agrumi, accenni di mela, rosa, fiore d’acacia e il delicatissimo fiore della vite. 

Un capolavoro che scaturisce  dalle caratteristiche del territorio, dal processo di spumantizzazione, dalla passione di una popolazione che coltiva la vite da 8 secoli. Dopo lustri di passaggio del testimone da padre in figlio, nel 1993 Francesco Miotto, erede della storica famiglia, ha compiuto una  virata strategica  insieme all’enologo Loris Dall’Acqua e all’agronomo Paolo de Bortoli: diventare il brand di riferimento nella denominazione Conegliano Valdobbiadene per immagine e gusto. 

Paolo De Bortoli, Loris Dall'Acqua e Francesco Miotto

Una scelta fatta con il massimo della conoscenza tecnica e nel rispetto assoluto del territorio, soprattutto dei 102  vigneti che, come spiega  Loris Dall’Acqua, amministratore delegato di Col Vetoraz, “nascono su pendici ripide e necessitano di vendemmia manuale. Si tratta di una viticultura eroica, che richiede ogni anno dalle 800 alle 900 ore per ettaro di lavoro. La vendemmia manuale è l’unica che rispetta la bacca e non traumatizza la pianta con scosse che ne accorciano drasticamente la vita. Un vino di alta qualità non proviene da uve giovanissime e difficilmente una vendemmia meccanica consente alla pianta di superare i 15, 20 anni di vita”. 

Ogni vino esprime le caratteristiche microclimatiche e pedologiche del luogo in cui l’uva cresce e viene vendemmiata e lavorata. “Il massiccio del monte Cesen, alto circa 1600 metri, conferisce  alla fascia pedemontana di quest’area collinare una particolare caratteristica: da un lato la protezione dai venti freschi settentrionali, consentendo il germogliare perfetto. Inoltre, durante l’estate, la corrente fresca che scende dalla montagna porta un’escursione termica provvidenziale per il profilo aromatico e l’equilibrio acido dei vini”. 

Poi, ci sono le caratteristiche geologiche e minerali della terra. “La componente pedologica è ottimale: questa fascia collinare è di epoca miocenica terziaria, ricca di silicio e calcare, molosse e arenarie. Questi fattori donano salinità ed eleganza al nostro vino”. 

Un’originalità che abbandona il termine Prosecco per abbracciare il Valdobbiadene DOCG

Bisogna conoscere tutti questi elementi, per comprendere la scelta ardita che  Col Vetoraz ha compiuto nel 2017: abbandonare il termine di Prosecco, per definirsi solo e unicamente come Valdobbiadene DOCG. Una denominazione di origine controllata a garantita, che corrisponde al più alto livello dei vini italiani. Un passo coraggioso, in un momento storico che vedeva il Prosecco  raggiungere vette di popolarità.

 “Il fenomeno del Prosecco rischiava di fagocitare l’area originale e le sue caratteristiche inconfondibili. Per questo, abbiamo deciso di rinunciare a questa parola, cambiando tutte le etichette e portando avanti la vocazione delle colline di Valdobbiadene e trasmettendo un’identità precisa”. 

Questo accade quando la storia di un vino è intimamente legata non solo al terreno in senso stretto, ma alle persone, al  clima,  ai  costumi, tradizioni: in poche parole, umanità coesa con la natura, che amplia immensamente il concetto di terroir. In Francia, nei comprensori di Sancerre e  Pouilly Fumé, dove si coltiva una varietà bianca di Sauvignon, la decisione di  denominare il vino come  il territorio che lo dona è stata collettiva, proprio per le ragioni sopra citate.

Non a caso, i 15 comuni che creano l’anfiteatro naturale costellato dai profili dei vigneti, sono diventati patrimonio UNESCO. Qui nasce anche il Superiore di Cartizze, un profilo enucleato con specificità minuziosa: “La denominazione corretta è Valdobbiadene DOCG Superiore di Cartizze, poiché le uve provengono da un sistema collinare  ampio circa 107 ettari con caratteristiche peculiari. Il vino che ne deriva ha un’eleganza ancora maggiore, dovuta alla mineralità e al microclima in cui l’uva cresce”.  

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Il Superiore di Cartizze

Un protocollo di spumantizzazione unico

Col Vetoraz raccoglie l’uva proveniente da 165 ettari, di cui il 20% è proprietario mentre la restante parte fa capo a 72 piccoli viticoltori che sono ormai il tessuto di una filiera verticale. Ogni vendemmia porta circa 23.000 quintali d’uva.

Vinifichiamo molto più del nostro fabbisogno, proprio per fare una selezione precisa di materia prima ed eliminare le criticità che possono presentarsi, ad esempio a opera di grandine e siccità”. A rendere così straordinario il risultato di equilibrio, armonia ed eleganza, è il processo di spumantizzazione che separa velocemente il lievito non appena conclusa l’attività fermentativa.

Solo così riusciamo a separare la parte aromatica tipica della nostra varietà di uva. Il vino che rimane a lungo in contatto con il lievito, acquisisce sentori tipici di esso, che coprono le caratteristiche del frutto di partenza”. 

Il milione e 250mila bottiglie prodotte ogni anno racchiude perciò una storia secolare, le mani dei vendemmiatori, l’amore di chi cresce in mezzo ai vitigni  come un eschimese nel  ghiaccio. 

Noi produciamo ciò che siamo – affermano da Col Vetoraz – e in ogni calice dei nostri spumanti ci sono le nostre radici, quelle di una terra che ci ha visto nascere ed evolvere”. 

Ora, anche i figli di Francesco sono in azienda. La tradizione continua. 

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