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Agritech 4.0: l’agricoltore oggi è più uno scienziato in camice bianco

Agritech 4.0: l’agricoltore oggi è più uno scienziato in camice bianco

Oggi, l’agricoltore assomiglia sempre più a uno scienziato: gestisce macchine avanzate, analizza dati e ottimizza l’uso di fitofarmaci e nutrienti. Il progresso tecnologico degli ultimi anni ha trasformato profondamente questo settore, rendendo indispensabili competenze in IT e big data. Agricoltori e agricoltrici   partecipano attivamente alla creazione di nuove tecnologie perché permettono una gestione intelligente delle risorse, riducono gli sprechi, prevengono infestazioni e mitigano i danni causati da condizioni avverse. 

E se fosse proprio la tecnologia ad attrarre i talenti nel settore agricolo?

Un settore dove la tecnologia sta rivoluzionando il lavoro e attirando nuovi talenti, specialmente Millennial e Gen Z, è l’agricoltura, o agritech nel linguaggio contemporaneo. Alla base di questa trasformazione c’è una preoccupazione crescente: la scarsità di risorse dovuta all’incremento della popolazione mondiale.

 Si stima che nel 2050 la Terra ospiterà 10 miliardi di persone, mentre la superficie coltivabile continua a ridursi. Ogni anno, infatti, 10 milioni di ettari di terre vengono convertiti per usi agricoli, minacciando la biodiversità e l’ecosistema. Se il trend prosegue, entro il 2050 sarà necessaria un’area pari a quella del Brasile per soddisfare la domanda di cibo, uno scenario insostenibile.

agritech

È qui che interviene l’agritech, sostituendo la chimica con il digitale per proteggere le colture, aumentare la resa dei terreni e ottimizzare l’uso di risorse vitali come l’acqua. L’agricoltura 4.0 è destinata a crescere esponenzialmente. Secondo McKinsey, il mercato attuale vale 21,5 miliardi di euro e potrebbe crescere dell’8% annuo fino al 2026. Anche in Italia, i dati dell‘Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Centro Studi TIM mostrano che nel 2023 il fatturato delle aziende che offrono soluzioni 4.0 per l’agricoltura ha raggiunto 2,5 miliardi di euro, segnando un aumento del 20% rispetto all’anno precedente.

Agri-tech: perché la tecnologia è un elemento creativo di valore e come cambia il ruolo del contadino

L’assunto di base di quest’epoca è che le risorse agricole debbano essere sfruttate in maniera più intelligente, evitando lo spreco e aumentando le rese. Digitalizzazione e tecnologia possono aiutarci sia ad aumentare la produttività sia a tutelare la salute delle piante. Come? Con la riduzione dell’uso di pesticidi e insetticidi in quanto le malattie vengono individuate e affrontate nelle prime fasi dell’infezione e ottimizzando l’uso dell’acqua (il 70% del consumo idrico mondiale dell’uomo è destinato all’agricoltura e il 60% di quest’acqua viene sprecata, a causa di sistemi di irrigazione inefficienti).

Il mestiere del contadino è destinato ad evolversi e a mutare assieme con questi cambiamenti. L’agricoltore molto difficilmente potrà ancora essere assimilato a un lavoratore manuale: oggi è più uno scienziato in camice bianco, un tecnico che si assicura che gli aratri siano perfettamente funzionanti, un ricercatore che analizza i dati raccolti sul campo dai sensori e quelli satellitari sullo stato di salute della terra e delle piante, un matematico e chimico che calcola in maniera ottimale l’utilizzo di fitofarmaci e nutrienti in modo da abbattere i costi e conservare la salubrità di frutta e verdure.

Il cambiamento è recente: per decenni gli agricoltori hanno avuto un rapporto conflittuale con la tecnologia anche per l’assenza di prodotti realmente efficienti. Con l’evoluzione di questi ultimi, in effetti, la relazione è migliorata progressivamente e oggi, chi coltiva la terra, sa di dover espandere le proprie competenze a IT e big data e riconosce che la tecnologia aggiunge valore soprattutto se partecipa al progetto di creazione della stessa ponendo le domande giuste.

Agricoltori Tech: cosa chiedono alla tecnologia

Tradizionalmente, gli agricoltori si affidano alla loro esperienza personale per decidere quando irrigare e quali trattamenti fitofarmacologici applicare. Le tecnologie attualmente disponibili offrono risposte parziali e spesso basate su stime ampie, lasciando ancora ampio spazio alla discrezionalità. Tuttavia, stiamo assistendo a un cambiamento significativo.

Oggi, la tecnologia punta a fornire indicazioni precise su come e quando intervenire, con l’obiettivo di risparmiare risorse e aumentare le rese senza incrementare proporzionalmente i costi. Questo è particolarmente rilevante in paesi come il nostro, caratterizzati da superfici agricole spesso difficili da gestire.

Tommaso Beccatelli, imprenditore agricolo, CTO e Co-Founder di Plantvoice, dichiara  «nella nostra azienda, io e molti colleghi abbiamo inizialmente nutrito pregiudizi verso le tecnologie sensoristiche “indirette”. Queste tecnologie forniscono informazioni sullo stato di salute delle piante solo dopo che è troppo tardi per intervenire tempestivamente, rendendole utili ma non risolutive.

 Per superare questo limite, con mio fratello abbiamo sviluppato Plantvoice, una tecnologia sensoristica diretta integrata all’interno delle piante. Questo sistema monitora in tempo reale il flusso di linfa e la sua composizione, fornendo informazioni cruciali per interventi tempestivi. Tecnologie come Plantvoice permettono di risparmiare acqua, ridurre l’uso di fertilizzanti e migliorare la qualità e l’estetica dei prodotti agricoli. Piuttosto che combatterle, queste innovazioni vanno integrate».

Un’altra tecnologia promettente proviene dalla startup californiana Pivot Bio, con sede a Berkeley. Utilizzando l’ingegneria genetica, questa azienda ha sviluppato una tecnologia per migliorare l’efficienza dei diazotrofi nel fissare l’azoto nei terreni, riducendo la necessità di fertilizzanti sintetici derivati dagli idrocarburi.

Questo approccio non solo diminuisce l’inquinamento atmosferico, ma riduce anche la dipendenza del settore agricolo dai colossi petroliferi. La risposta del mercato è stata entusiastica: nel 2023, questo fertilizzante biologico è stato utilizzato su oltre due milioni di ettari negli Stati Uniti. Secondo l’azienda, questi batteri fertilizzanti potrebbero sostituire il 20% delle soluzioni chimiche normalmente impiegate nei campi di mais, un risultato straordinario.

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