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Stem e no stem? Basta dualismo, deve essere un’osmosi

Stem e no stem? Basta dualismo, deve essere un’osmosi

Quali e quante competenze umanistiche servono per fare prompt efficaci? Soprattutto, quale è e sarà l’impatto sociale e occupazionale dell’AI?

Al giorno d’oggi farei  fare a tutti corsi di prompt engineeering, per imparare a dialogare con le macchine” –spiega Aldo Razzino, esperto di head hunting in ambito IT in Italia dal 2007.

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Dobbiamo insegnare alle macchine come ragionare e per fare questo servono competenze classiche. Per questo motivo  smetterei di separare in maniera così drastica STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) da No STEM, come suggerisce Fabio Moioli (responsabile di Microsoft Consulting & Services). Considerarle separate è un grossissimo errore, le competenze STEM dovrebbero entrare anche nelle università classiche e gli ingegneri informatici dovrebbero studiare filosofia”

Qual è, esattamente, l’impatto delle scienze umane e delle competenze logico filosofiche? “Organizzare dati richiede una mente e una logica umanistica, bisogna organizzare concetti e ragionamento, collegare dati in maniera corretta per creare informazioni. E per fare tutto questo devi avere una  mente umanistica. Altrimenti non riesci a collegare il dato al resto, in modo organico e corretto”. 

Qualcuno lo ha capito velocemente. A Modena, la psicologia è già accorpata al machine learning. All’università Bocconi, imparare Python –il linguaggio principale usato in ambito AI – è già imperativo da tempo. 

SI tratta di una osmosi, visto che le macchine modulano di conseguenza i processi cognitivi umani. Perciò, anche un avvocato teoricamente dovrebbe  imparare a dialogare nel profondo con uno strumento che –volente o nolente- assumerà sempre  importanza in ogni lavoro, nessuno escluso.

Riduzione drastica dei tempi di lavoro e problemi occupazionali

I nuovi tool di AI hanno ridotto il tempo degli head hunter  del 76%” avverte Razzino, aprendoci uno scenario di profonda rivoluzione. Un dissesto, per quelli che potremmo definire “under performer” ovvero le persone che non raggiungono livelli di efficienza alti, ma anche per gli altri. “Chi non inizia a interessarsi di queste soluzioni innovative, sarà tagliato fuori. Performare al di sotto delle aspettative ed essere più lenti ti metterà fuori dal mercato del lavoro” 

Razzino stesso sta sperimentando questa rivoluzione nella sua società, fondata nel 2013, fra i primi a cercare data scientist ed esperti di big data per il mercato italiano.  Oggi con un bel prompt fai il lavoro che una società di consulenza svolgeva in tre mesi, impiegando 4 o 5 persone che vendevano quel progetto a 100, 200.000 euro”.  Bisogna però stare attenti, secondo Razzino, a valutare le reali competenze sul campo, in tempo reale. “Negli Hackaton, oggi, parlando di analisi dei dati, i ragazzi che arrivano alla finale dal vivo e devono farci la presentazione dei risultati per dimostrare che quello finale è veramente un prodotto del loro lavoro”. 

Al pari, i siti cui gli sviluppatori si rivolgevano per risolvere alcuni problemi operativi, sono caduti in desuetudine. “Dal 2022 la curva di frequentazione è in picchiata, la gente va su GPT”. 

Alcuni dati sono apparentemente allarmanti: ad esempio il taglio di 8.000 HR da IBM. Ma, a ben guardare, ne sono stati assunti altri con mansioni non ripetitive, compiti che la AI non può svolgere. Siamo, come in tutte le rivoluzioni, a un cambio di paradigma intellettuale e operativo. 

Evoluzione o estinzione dei data scientist?

Lo dicevano già negli States prima del Covid: il classico data scientist scomparirà, perché il modello di analisi verrà fatto dall’intelligenza artificiale. Il lavoro reale sarà trasformare le informazioni in specifiche per dialogare con le macchine. Sarà necessario un business analyst che faccia da ponte fra l’analisi dei dati e il marketing, ad esempio. Bisognerà verificare i risultati dei propri prompt e la principale differenza lo farà come è stato fatto e sviluppato il prompt”. 

Il peso sociale di questa rivoluzione è immenso, anche per le aziende, poiché “upskilling e reskilling sono fondamentali se non vogliamo creare una crisi sociale immensa, dovendo lasciare a casa la maggior parte della forza lavorativa, Abbiamo visto rivoluzioni che hanno impiegato tanto tempo per diffondersi in tutto il mondo: questa invece è una rivoluzione globale e istantanea quasi”. 

Al contempo, bisogna saper sfruttare la potenza dei GPTs, come esemplifica Razzino, ad esempio, nella didattica: “Se sei uno studente devi sfruttare l’AI per organizzare le informazioni, stimolare il tuo pensiero proponendoti per esempio domande diverse ogni giorno, riuscendo così a risparmiare tempo”. 

Questo tipo di potenziale va compreso immediatamente, per non rischiare il disastro. E bisogna partire dall’integrazione delle aree che definiamo STEM e non STEM. “Stiamo già usando modelli di AI senza saperlo, ad esempio sui social media. L’ostilità verso queste innovazioni è assurda, anzi, bisogna usare questo strumento straordinario in maniera strategica. Quando ho iniziato a fare l’headhunter, nel 2007, non c’erano ruoli come il social media manager. Al pari, adesso si apriranno nuovi ruoli e nuove opportunità. Però è meglio iniziare a pensare che tutto quanto sia ripetibile, è sostituibile”. 

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