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Italia: i vantaggi (del Mercosur) la percezione (degli investitori) le necessità (di innovazione)

Italia: i vantaggi (del Mercosur) la percezione (degli investitori) le necessità (di innovazione)

L’ultimo rapporto Foreign Direct Investment Confidence Index 2024 realizzato dall’Agenzia Kearneyposiziona l’Italia all’ 11° posto tra le 25 economie attrattive. L’indice misura annualmente l’impatto delle politiche e dei cambiamenti economici e normativi sulle intenzioni di investimento di amministratori delegati ed altri decision makers di circa mille aziende globali. 

Speranze dall'accordo stretto con l'area Mercosur

Nel 2023 Il “brand Italia” era  al 9° posto  per valore economico e forza del marchio-Paese sotto un profilo economico-numerico secondo lo studio di Brand Finance. Ma tutto ciò accadeva prima degli sconvolgimenti geopolitici attuali. E prima che gli assetti protezionistici globali toccassero vette mai toccate sino ad oggi. Da un lato dazi, scenari di guerra e incertezze; dall’altro paesi emergenti che continuano a crescere, nonostante il deterioramento del contesto internazionale. 

Il dito nella piaga lo ha messo Joseph Stiglitz, Economista e Premio Nobel per l’Economia, nel suo intervento presso Assolombarda qualche giorno fa, dove si è discusso del futuro dell’industria italiana ed europea nello scenario globale. 

Il mondo cambia volto – e l’incertezza aumenterà ancora, peggiorerà. Il fatto che le aziende italiane siano soprattutto piccole può rappresentare un vantaggio, perché le rende più agili, ma le aziende devono puntare all’innovazione e alla ricerca, così come l’Europa deve puntare sulle università, su regole chiare e deve agire in modo unitario, per essere riconosciuta forte e stabile”.

Il Mercosur per compensare a una perdita di 23 miliardi?

Inutile nascondere che fonte primaria di incertezza sia il mutamento sullo scenario americano. Un contesto che, per dirla con le parole del presidente di Assolombarda Alvise Biffi, “richiede risposte straordinarie”. 

L’accordo sui dazi con gli Stati Uniti ha ridotto l’incertezza, ma non le preoccupazioni: il rischio è che le nostre esportazioni subiscano un calo. Secondo stime, l’impatto sull’Italia è previsto fra 9 e 6,7 miliardi di euro – pari all’1,1% dell’export globale italiano -, mentre per Confindustria la perdita potrebbe raggiungere i 23 miliardi. Inoltre, c’è il rischio che i prodotti europei vengano sostituiti su mercati strategici.

Si, perché le economie dei paesi emergenti continueranno a vantare ritmi di crescita sostenuti, in aggregato al +4,1% per il 2025 e +4,2% nel 2026, seppur in ribasso rispetto alle previsioni CSC di aprile. 

In questo scenario, l’area Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay), bacino di oltre 700 milioni di persone che producono circa un quinto del PIL globale, diventa più di una speranza (altri paesi come la Bolivia, il Cile, la Colombia, l’Ecuador, la Guyana, il Perù e il Suriname sono attualmente Stati associati). 

Soprattutto dopo gli accordi di Montevideo, raggiunti il 6 dicembre 2024 per aprire un’area di libero scambio. Il continente fra l’altro è ricco di materie prime rare, come nickel, litio, titanio, cruciali per il settore high tech (l’accordo prevede una facilitazione della loro esportazione verso l’Ue): nel 2019, l’intesa politica raggiunta era poi fallita per lo stop di vari Stati Ue a fronte delle politiche anti-ecologiche in Amazzonia dell’allora presidente brasiliano Jair Bolsonaro. 

L’Unione Europea, nel 2023, costituiva il 16,9% della quota di mercato del Mercosur, a sua volta il decimo partner commerciale dell’Unione: l’intesa oggi prevede complessivamente la soppressione dei dazi per il 93% delle importazioni dal Mercosur nell’Ue, e del 91% in direzione contraria, con un risparmio di dazi per l’Ue pari a 4 miliardi di euro.

Per giunta, allo stato attuale dei fatti, i primi due paesi europei per quota di mercato nel Mercosur sono la Germania e l’Italia, soprattutto come fornitori di beni strumentali. 

Naturale quindi che Biffi abbia ribadito come diventi vitale per le imprese “rafforzare i rapporti con nuove aree di crescita come l’India, il Golfo Persico, l’Australia, il Canada e il Mercosur”, ma non solo. 

“Le conseguenze dei dazi imposti dall’amministrazione USA e gli esiti del recente vertice di Tianjin rappresentano cambiamenti epocali, che mettono in discussione la forza dell’Occidente e pongono l’Europa in una posizione di forte debolezza. Se la competizione tecnologica è la nuova geopolitica, in questa partita l’Europa non sta giocando. L’unico modo per tornare in gioco è fare un piano europeo per investire subito grandi risorse in innovazione e soprattutto IA, che è la tecnologia del prossimo secolo.

Italia: necessaria innovazione ad alto contenuto tecnologico

Nel 2023 L’Italia risultava promossa dagli investitori per l’impegno sulle tematiche ESG, sugli incentivi all’innovazione tecnologica e sulla formazione del capitale umano ( EY European attractiveness Survey 2023).

Secondo una recente analisi di Confindustria, gli incentivi fiscali ad acquisire beni strumentali 4.0 hanno contribuito all’impennata degli investimenti osservata di recente in Italia. 

Questa risalita, tuttavia, non è ancora sufficiente al ripristino del capitale netto sui livelli pre-crisi finanziaria del 2008. 

Investimenti in beni materiali e immateriali a elevato contenuto tecnologico e digitale sono essenziali, dato l’ampio gap che ancora il nostro Paese sconta nelle tecnologie avanzate: la propensione a investire in questi asset è cresciuta in Italia, ma rimane inferiore rispetto a quella in altre economie che progrediscono

Gli incentivi fiscali agli investimenti 4.0 si concluderanno in larga parte alla fine del 2025: è necessario tornare a disegnarne altri,  che siano potenzialmente in grado di far fare il salto necessario al Paese.

Al Forum “Competitività e nuove sfide globali: Clean Industrial Deal, autonomia strategica e dazi”promosso da Assolombarda in collaborazione con A2A, Roberto Tasca, presidente di A2A, ha fatto un efficace esempio di come le aziende possano governare i processi trasformativi che interessano i territori su cui operano, citando i data center. 

“L’Italia si colloca al 13° posto mondiale in questo settore, con Milano e la Lombardia che si posizionano tra le aree emergenti a livello europeo. Oggi oltre la metà delle richieste di connessione alla rete elettrica risulta concentrata in questa regione. Dai data center può arrivare un contributo alla decarbonizzazione dei centri urbani: recuperando il calore generato è possibile fornire energia termica a oltre 800.000 famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento. Una soluzione che abbiamo già sperimentato a Brescia e che presto implementeremo a Milano”.

In generale, secondo l’International Business Report, L’IT resta l’area di investimento principale in cui il 68% dei leader aziendali globali (63% in Europa e 52% in Italia) prevede di aumentare la spesa nei prossimi 12 mesi

L’IA, invece, rappresenta la categoria dove si concentreranno maggiormente gli investimenti. ISTAT conferma questo trend: l’adozione di soluzioni IA  è passata dal 5% al 8,2% delle imprese con almeno 10 addetti dal 2023 al 2024. 

Le grandi imprese sono più propense (1 su 3 già utilizza IA) rispetto alle PMI, dove il gap persiste rispetto alla media UE del 13,5%.

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