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Kihnu: l’isola delle donne e delle tradizioni immortali

Kihnu: l’isola delle donne e delle tradizioni immortali

Nel cuore del Mar Baltico, al largo della costa estone, si trova l’isola di Kihnu, un piccolo gioiello culturale che affascina il mondo intero. Con una superficie poco più piccola dell’isola italiana di Capraia, Kihnu ospita meno di mille abitanti, ma il suo valore culturale è inestimabile. Nel 2008, l’Unesco ha riconosciuto Kihnu come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, celebrando la sua unica cultura matriarcale.

A rappresentare questa straordinaria comunità è Mare Mätas, una figura carismatica e fiera delle tradizioni della sua terra. Mare, con un marito marinaio e quattro figli, è insegnante di storia sull’isola e responsabile della fondazione culturale locale. Indossa con una certa fierezza il costume tradizionale dell’isola: una gonna di lana a righe colorate, un grembiule a fiori, una camicetta ricamata e un foulard allacciato sotto il mento, proprio come fanno le contadine di Kihnu.

Lo sguardo di Mare, limpido e trasparente, riflette la serenità e la determinazione delle genti del nord. Con i suoi capelli biondi e fini e un sorriso pacato racconta e così tramanda la vita di una comunità che si dedica con ostinazione a preservare le proprie tradizioni. Su quest’isola, i canti, la musica e il ballo sono il cuore pulsante della vita quotidiana. L’artigianato locale prospera, e il rispetto per la natura e i suoi ritmi è fondamentale.

kihnu

Il focolare domestico di Kihnu

A Kihnu, le donne sono le custodi della cultura e delle tradizioni. Mentre gli uomini spesso lavorano lontano, in mare, le donne si occupano della terra e della famiglia, tramandando di generazione in generazione le antiche usanze. Un matriarcato che non è solo una curiosità etnografica, ma un vivido esempio di come una comunità possa prosperare mantenendo vive le proprie radici culturali.

Sta a loro, oggi, decidere il futuro di un’isola che lamenta la fuga dei giovani. Come arginarla? «Offrendo alternative sull’isola, aprendola al turismo, ad esempio» propone Mare.

Le casette di legno, il faro bianco e azzurro, la quiete, l’artigianato, la cultura e i suoi festival sono motivo di curiosità per chi visita l’isola. Ma occorre salvaguardare la sua identità, offrendo esperienze locali ma arginando l’incubo del turismo di massa che snatura luoghi e abitanti.

Le donne, quelle che stanno, tendono a essere conservatrici, mentre gli uomini, quelli che vanno, a portare cambiamenti e novità. “Vede questa gonna? Il tessuto è made in China, e l’hanno portato i nostri marinai; fosse per me, io userei solo prodotti nostri”. Vorrei dirle che anche a me sembrano più belli i costumi tradizionali, ma non vorrei passare per conservatrice. Vorrei dirle che è una fortuna vivere su un’isola dove i conflitti di genere non esistono e non sono mai esistiti. Ma mi accontento di pensare che è possibile. In un’isola che c’è, non in un’utopia. 

Il femminismo, nato in America in un contesto storico diverso, non trova necessità a Kihnu. Qui, l’uguaglianza tra uomini e donne è una realtà consolidata da sempre. L’approccio alla parità di genere sull’isola non richiede rivendicazioni: i maschi trasmettono il cognome, l’eredità è condivisa, il capofamiglia è la coppia, e il potere politico è ripartito in modo paritario. 

La visita a Kihnu è un viaggio nel tempo, un’immersione in un mondo dove le tradizioni antiche convivono con la vita moderna, offrendo un raro sguardo su un modo di vivere che molti pensavano perduto. Mare Mätas e le donne di Kihnu ci insegnano l’importanza di conservare la nostra eredità culturale, ricordandoci che la vera ricchezza risiede nel rispetto e nella celebrazione delle nostre tradizioni.

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