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Il “Dine Sharing”: un fenomeno sociale e gastronomico

Il “Dine Sharing”: un fenomeno sociale e gastronomico

La nuova frontiera della convivialità

ll dine sharing nasce da un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: connettere persone attraverso il cibo. Immagina di entrare in un ristorante, accomodarti a un tavolo unico condiviso con perfetti sconosciuti, e gustare un menu prelibato come se fossi in un pranzo di famiglia. È questa la magia della tavola sociale, dove le regole del mangiare fuori vengono riscritte.

Un fenomeno che ha preso piede grazie a piattaforme online come EatWith e Meal Sharing, che hanno reso possibile incontrare gente di tutto il mondo per condividere un pasto. Lontano dal concetto tradizionale di ristorante, qui è l’autenticità a farla da padrone. Ogni host apre le porte di casa propria, offrendo un’esperienza culinaria unica e genuina.

Le trattorie e i ristoranti abbracciano questa nuova filosofia, offrendo un’esperienza culinaria che va oltre il semplice pasto. La tavola sociale diventa un luogo d’incontro, dove si possono degustare piatti come i pansotti al sugo di noci o la fassona piemontese insieme a nuovi amici, in un’atmosfera accogliente e conviviale.

Condivisione a tavola: la Nuova Normale al ristorante

La tendenza di condividere piatti e interi menù non è una novità, ma ha radici economiche che rivelano molto sulla situazione attuale della ristorazione. Lo chiamerei “servizio orizzontale”, perché tutti o alcuni piatti arrivano in tavola insieme e vanno condivisi, in una sharing economy che vuole essere la risposta non solo ai desideri dei clienti bensì ai conti dei ristoratori.

Perché mettere i piatti al centro della tavola e invitare i commensali a servirsi da soli risponde non solo a un desiderio di convivialità, ma anche a esigenze pratiche e finanziarie.

Questa modalità permette di ottimizzare le risorse, ridurre gli sprechi e offrire un’esperienza più flessibile ai clienti, che possono assaporare una varietà di piatti senza dover fare scelte individuali.

In un contesto dove la sostenibilità e l’economia giocano ruoli sempre più cruciali, la condivisione del cibo diventa una strategia vincente. Non solo risponde alle sfide economiche, ma arricchisce l’esperienza gastronomica, trasformando ogni pasto in un momento di scambio e interazione.

«Non la definirei proprio una tendenza conviviale, ma un’evoluzione urbana di questa era digitale» sostiene Cecilia Manzo, sociologa dei processi economici e del lavoro all’università Cattolica di Milano.

«Il tavolo sociale, come è percepito adesso, nasce, in realtà, prima del 2012 con le piattaforme on line di “social eating” che consentono a chiunque di invitare a casa propria degli sconosciuti e preparare loro da mangiare».

Sono stati i Millennials,i 30-40 enni di oggi, ad accelerare l’attitudine del mangiare sociale, secondo dati Confesercenti. E il 56,6 per cento dei consumatori è donna.

Attrae perché si socializza con persone sempre diverse, ma anche perché consente di fare turismo gastronomico in casa d’altri quando, ad esempio, si è in vacanza o in trasferta altrove. Piace la sfera “familiare”. A nutrire una forte curiosità sono i turisti americani che vogliono vivere l’esperienza di una casa italiana. Convince, poi, l’idea dello slow food: a Bologna si mangiano le tagliatelle e a Milano la cotoletta.

La tavola sociale in mezzo alla natura

Una cena segreta la cui location viene rivelata solo all’ultimo momento. Questa è la magia di Ma’ Hidden Kitchen Supper Club, una delle tante piattaforme che stanno rivoluzionando il concetto di social dining. Con Eatwith, invece, la comunità culinaria diventa globale: un semplice clic e ti trovi a cenare a casa di qualcuno in qualsiasi parte del mondo, condividendo l’esperienza con altri ospiti.

Nest offre un’esperienza unica con il suo format “Tavolata”, un supper club che ti porta a cenare in mezzo alla natura. Pensa a un lungo tavolo comune, un menu stagionale preparato da chef locali e location incantevoli: un vigneto nella campagna toscana, un faro sulla costa siciliana o una galleria d’arte esclusiva. È un’esperienza che combina la bellezza del paesaggio italiano con la cucina raffinata.

Dietro questa affascinante esperienza, c’è l’idea visionaria di Maria Elena Fabbrini, un’imprenditrice che nel 2020 ha fondato Nest Italy. La sua visione? Creare esperienze di lusso “made in Italy” che uniscono la passione per la cucina, l’amore per la natura e il desiderio di connessione sociale.

A Milano, nel vivace quartiere di Porta Romana, c’è un locale che sta facendo parlare di sé: Ramen Shifu. Questo ristorante giapponese, arredato con uno stile manga accattivante, non offre solo un menù vegano, ma anche un’esperienza unica e coinvolgente: la Shifu Challenge. Impossibile resistere alla tentazione di partecipare a questa gara culinaria. I concorrenti devono divorare una colossale ciotola di ramen in meno di venti minuti o, per i più coraggiosi, una ciotola di ramen ultra piccante in soli dieci minuti. Il premio? Una cena gratuita e l’applauso di tutti i presenti.

La sfida non è solo una questione di stomaco, ma anche di spettacolo. Con una scenografia accurata che include la colonna sonora di Rocky e un mantello per il vincitore, la Shifu Challenge è un modo divertente e coinvolgente di gustare il proprio pasto.

Il potere della tavola condivisa

Come ci ricorda il regista Ken Loach nel suo ultimo film, “The Old Oak”, «Quando si mangia insieme si rimane uniti». Epicuro, filosofo ellenistico che il vero piacere non risiede soltanto nel cibo, ma soprattutto nella compagnia con cui lo si condivide: «Prima di cercare qualcosa da mangiare e da bere, dobbiamo trovare qualcuno con cui condividerlo».

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