L’espressione che usava il Cavalier Mario Boselli, quando era presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana era “bello e ben fatto in Italia”. Un concetto scivolato tempo fa sotto la patina della delocalizzazione come panacea e oggi, in tempi di “reshoring”, tornato pienamente in auge. Il prodotto realizzato in quella che è ancora la culla del manifatturiero, rappresenta ancora l’anelito per gran parte del pianeta. Ed è proprio la piccola media azienda a consentire la realizzazione di questo sogno.
Pensiamo che le belle storie italiane siano da raccontare, da promuovere come valore essenziale della nostra economia: Peserico è un archetipo. Un simbolo di manifattura italiana, di gusto, eleganza capace di evolversi seguendo l’afflato della contemporaneità ma rimanendo sempre fedele al codice impresso da Maria Peserico, la fondatrice. Lavorava da Marzotto, grande scuola e grande industria nell’Italia fiorente del secolo scorso, quando Giannino Marzotto vide la sua bravura e –con il mecenatismo che animava i capitani di un tempo- le suggerì di mettersi in proprio.

Maria sognava una donna in pantaloni, ai tempi in cui il tailleur giacca gonna era una sorta di divisa sociale della donna e nel suo piccolo laboratorio, fondato nel 62, maturava il suo concetto di evoluzione femminile pacata, gentile, baciata da quella classe che rappresenta la vera rivoluzione.
Oggi, ultranovantenne, ancora attiva in una delle realtà italiane più apprezzate nel panorama internazionale, può ritenersi orgogliosa e soddisfatta: anche per il passaggio generazionale, avvenuto con successo visto che Peserico è magistralmente condotta dal figlio di Maria, Riccardo Peruffo, amministratore delegato della società.
Dopo la laurea in Scienze Economiche, a Padova, Riccardo entra in azienda, ma nelle sue cellule fermenta il ricordo della mamma che cuce, che crea, è come una linfa che gli entra in circolo.

“Mia madre lavorò anche con Adriano Goldschmied, l’uomo che ha fatto la storia del denim, fu anche sua testimone di nozze” racconta Riccardo, che oggi cavalca l’onda di un successo dilagante fondato su maginalità, espansione attraverso negozi propri e in franchising, apprezzamento legato al valore di un prodotto che non accetta compromessi a detrimento della qualità.
Un ottimo esempio di globalizzazione che non tradisce l’identità
“Quando fai monoprodotto, come accadeva tempo fa, se vuoi diventare brand devi cambiare il messaggio, dare un vero lifestyle, concretizzare il sogno. Abbiamo reso le collezioni più globali: oggi Peserico (total look dagli anni 90, con aggiunta di una linea maschile nel 2021, ndr) si rivolge a una donna che ama vestirsi bene, in maniera autentica, senza eccessi di appariscenza. Soprattutto, che sceglie un capo di qualità, durevole”.
Inoltre, vi è la consapevolezza del valore che viene espresso sul cartellino del prezzo: tessuti italiani, produzione italiana, storia, contenuto. Il mercato risponde benissimo: “vendiamo il 40% della produzione negli Usa, i dazi suscitano qualche timore non tanto per la ricaduta sul prezzo finale ma per l’incremento secco dei cosi in dogana, che vedremo fra un paio di mesi. Per vendere negli Usa è necessario avere una filiale là, i dazi li paga la società insediata sul suolo americano”. Nonostante i problemi geopolitici, Peserico mette a segno un +10% negli Usa.
Anche il Medio Oriente sta dando grandi soddisfazioni: “abbiamo aperto un anno fa a Dubai Mall, ora nel Mall of Emirates”. Qui, così come in tutto il mondo, Il 70% del business viene fatto su appuntamento, ci si prende cura del cliente, lo si invita, gli si offre un calice di Prosecco. E’ una vendita emozionale, legata al piacere. Giappone e Asia coprono un buon 30% del fatturato.
Intanto, la fabbrica italiana si espande. Per gradi, come è sempre avvenuto, da quando il laboratorio di Cornedo Vicentino è divenuto azienda con oltre 50 dipendenti.
“La fabbrica si è ampliata man mano, ne abbiamo costruita una seconda e la stiamo innovando, con una tecnologia innovativa. Abbiamo comprato un nuovo laboratorio dove facciamo una sorta di academy, bisogna portare ai giovani il sapore vero di questo mestiere”.
Oggi Peserico ha circa 70 boutiques monomarca fra negozi diretti e franchising e viene distribuita in oltre mille punti vendita nel mondo. Incluse le cattedrali dello shopping come Neiman Macus, Bloomingdale, Rinascente, Globus.
“Abbiamo firmato di recente per Miami district –chiosa Riccardo- aprire negozi comporta un costo elevato, ma porta a un aumento del turn over”.
Bello e ben fatto…coinvolgendo anche il pubblico nel processo creativo
Maria ha sempre innovato con eleganza e Riccardo, insieme alla moglie Paola Gonella, non è da meno. “Vogliamo fare vivere al cliente l’esperienza di diventare parte del team creativo, attraverso la personalizzazione dei capi con punti luce o etichettature”. Il cliente sceglierà modelli e tessuti oltre alla componentistica per creare un vero “custom made”.
La parola team, per Riccardo, è centrale. “Il team fa la differenza. Dall’ufficio marketing, al prodotto, ai creativi, tutto converge al risultato finale”.
L’Italia, terra di genesi del brand, è ovviamente un mercato di sbocco: qui abbiamo 8 negozi diretti, incluso il flagship di via Spiga. Stiamo per riaprire Forte dei Marmi, con un concept simile”. Anche l’Europa è in piena espansione: “i paesi caldi in questo momento rispondono meglio, la Spagna è in ascesa, la Germania soffre un po’”. Ma rimane lo storico showroom di Düsseldorf.
E’ un po’ come se il mondo sentisse aleggiare il pensiero di Maria, sotto i pantaloni fatti a regola d’arte, le giacche sartoriali urbane, le fogge che sanno rimodulare i classici. L’azienda è verticalizzata, non ha fasi intermedie, compra la materia prima e consegna il capo finito. Maria diceva “Non è solo la mia azienda, è la mia famiglia e la mia vita”. Il Bello e ben Fatto, nasce da qui.
