Chi, andando o tornando da Olbia, desidera un’esperienza degna del senso di questa parola, deve impostare il navigatore su Agriturismo fratelli Muzzu.
Un luogo che non considera il tempo lineare, ma quello magico della memoria, della tradizione, della terra di Gallura che mitiga la sua asprezza con la poesia e la trasparenza del mare poco distante. Entrare qui, nelle stanze imbiancate a calce, con letti di ferro battuto a baldacchino, o trovare sulla tavola la Cordula e la Mazza frissa, significa risentire il respiro della gente sarda. Rivedere i gesti della campagna, le tradizioni contadine riversate in un piatto.
Significa raccogliere il mirto a dicembre per avere il tempo di prepararlo, classico o bianco. Rammentare il tempo in cui gli animali si allevavano per poi essere onorati, senza buttare via nulla, al desco. Un balzo indietro nel tempo, pur rimanendo aderenti alla contemporaneità.
Una scelta precisa, quella che 4 fratelli insieme alle rispettive mogli fecero parecchi lustri fa, nel 1990, per coinvolgere progressivamente tutta la rete familiare in ampliamento. Ce la racconta Giulia Gusinu, sottilineando che “anche se negli anni ci siamo ingranditi, lo spirito originario non è mai venuto meno”. “Tutto qui è a conduzione familiare e i turisti percepiscono l’autenticità del posto, infatti non ci serve fare pubblicità, arrivano con il passaparola. E devono venire appositamente da queste parti, non ci si passa per caso”.
Allevamento proprio di suini, di bovini, per carni e formaggi; alveare per il miele. E poi la vigna, introdotta dieci anni fa e ampliata successivamente. Perché sui tavoli, accanto alle prelibatezze introvabili altrove, ci sono sempre vini autoctoni, insieme a Cannonau e a varianti di rosso come Merlot e Sangiovese. Oltre all’immancabile Vermentino.
Come un tempo, senza tempo
Per un turista che arriva dalla Francia, dai paesi anglosassoni, l’Agriturismo fratelli Muzzu è l’unicum; ma anche per i connazionali che non hanno mai sperimentato la vera Sardegna. Fatta di campagna, legame con la terra, pastorizia, tradizioni popolari. “I piatti che prepariamo sono quelli che ci facevano le nostre nonna, che venivano proposti durante le feste, le celebrazioni o semplicemente nel quotidiano”.
La Nutella di Giulia era l’Abbamele: “la parte chiusa della cera viene messa a bollire per ore, finché non si rapprende caramellizzandosi; la si aromatizza con buccia d’arancia e viene servita con ricotta fresca e formaggio. Ricordo che a me la davano con il pane Carasau a merenda”. Poi ci sono le Seadas, la Mazza frissa derivata dalla panna del latte in ebollizione a aggiunta di semola. O i Sos Pinos, che qui vengono fatti con un impasto contenente mandorle e arancia cotto con il miele, dalla classica forma a pigna.
“Prelibatezze che è difficile trovare, oggi”. Così come è difficile mangiare la lasagna con formaggio con la mentuccia: “un sapore che molti confondono con il finocchietto”. La pecora in agrodolce –cotta nel vino con tutti gli aromi – è un altro cavallo di battaglia insieme alla zuppa alla Gallurese, al porceddu, alla pecora bollita con patate e cipolle e alla Cordula. Un altro piatto della tradizione contadina, nato per non buttare via nulla poiché usa le interiora di capretto o agnello, opportunamente intrecciate. Naturalmente, ogni assaggio dipende dalle stagioni: l’agriturismo apre su prenotazione, tutto l’anno.
Un posto ideale anche per la didattica
L’agriturismo consente di tramandare ai più piccoli un mondo che, oltre a essere ricordato, vale la pena vivere. “Fra marzo, aprile e maggio apriamo la parentesi didattica: i bambini arrivano verso le 9.30, preparano del pane morbido che viene lavorato, giocano con la pasta e le formine, lavorano i dolci e li assaggiano”. Un po’ come quando si riuniva il vicinato per la preparazione di un matrimonio, di una festa, di una cerimonia: “sono consuetudini perdute, che si ritrovano ancora in qualche luogo dell’entroterra sardo”.
Da Fratelli Muzzu, tutto questo rivive ogni giorno dell’anno: un’architettura in pietra che ricorda, a tratti, le case nuragiche; 12 stanze, arredate con il cuore e il candore di un tempo e la memoria di una terra e di chi ne prosegue la storia.




