Dal corvo di Esopo ai numeri della ricerca firmata Hays e Serenis, Isabella Mandelli – artista eco-sociale, Coach e Life Skills Trainer – ci spiega come affrontare il cambio vita e perché …”L’errore non esiste”
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”
Albert Einstein
Arriva per molti se non per tutti…Di cosa stiamo parlando? Di quel fatidico momento in cui si è chiamati a fare i conti con la propria vita. Un bilancio intimo, a volte anche doloroso, di ciò che si è lasciato andare. Ma anche di ciò che si è avuto la capacità di costruire. E in questo sliding doors di opportunità colte e perse, si arriva inesorabili allo sguardo sul proprio futuro. Più o meno immediato. Su quello che ancora c’è da fare, da cambiare, da esprimere.
Un’altalena di emozioni e pensieri che si intrecciano inesorabilmente a successi e insoddisfazioni sul lavoro. Accade così che in una costante ricerca della felicità si arrivi a voler mollare tutto desiderando un cambio vita radicale.
Questa estate ci ha pensato una ricerca congiunta di Hays e Serenis (campione di mille lavoratori, tra uomini e donne di alto profilo con età compresa fra i 50 e i 64 anni) a puntare i riflettori su chi è pronto a mollare tutto e subito, evidenziando come entro fine 2024 quasi un lavoratore su dieci sara’ ai blocchi di partenza per lasciarsi finalmente alle spalle il passato. Obiettivo? Migliorare la qualità della propria vita (57%), avere più tempo a disposizione con ritmi meno frenetici (54%) e ridurre lo stress (44%) spesso determinato da una mancanza di ascolto proprio all’interno dei contesti lavorativi.
E a livello geografico dove mai trovare questa felicità? Nella hit parade delle top destination il podio va a tre isole: in ordine Sardegna, Sicilia e Minorca. Seguite a ruota da Ibiza, Santorini, Creta e addirittura Bali sino alla polinesiana Bora Bora. Considerato un simile scenario, a ridosso del Natale e adesso che l’anno volge al termine, c’è una domanda sempre più assillante per molti.
Se le idee sono così chiare , se i desideri personali sono cosi forti e delineati, perché allora il “cambio vita” risulta così difficile da accettare e … attuare?
Certo giocano un ruolo non da poco le preoccupazioni economiche ma la motivazione principale all’impasse che colpisce tanti individui è ben altra e va ricercata in una società che ci vuole titanici a tutti i costi alimentando un galoppante timore che paralizza giovani e adulti: ovvero la paura del fallimento, sommata a una creatività resa sterile da un quotidiano vissuto in costante apnea tra aspettative disattese e desideri repressi. Non siamo piu’ capaci di osare e mancano quelle idee disruptive o, se si preferisce, ingegnose che portano a svolte significative e servono per superare la … crisi.
ESOPO, L’INGEGNO DEL CORVO E LA CRISI OGGI SECONDO KOSELLECK
Prima di addentrarci nella “selva oscura” del presente, vogliamo partire da un lontano passato e da una lezione di vita che arriva da Esopo.
C’era una volta un corvo assetato che non avendo trovato il modo per bere da una brocca era ormai sul punto di darsi per vinto. Tuttavia, notò all’improvviso non molto lontano alcuni sassi ed ebbe un’idea brillante: lasciò cadere uno dopo l’altro i sassi nella brocca sino a quando il livello dell’acqua in essa contenuta non fu salito abbastanza. In questo modo poté bere a sazietà. Morale? Se da un lato pazienza e ‘ingegno’ ci consentono spesso di ottenere quello che desideriamo, dall’altro lato è imprescindibile non arrendersi mai, almeno fino a quando non si è davvero provato tutto!
Inoltre, il corvo di Esopo – come molte persone oggi – era entrato in una crisi di impasse dandosi quasi per vinto e anticipando di molto il pensiero filosofico di Reinhardt Koselleck, che nella “crisi” ha trovato non solo un tratto distintivo di incertezza tipico del nostro tempo ma anche un preoccupante ‘momento’ di dilagante sfiducia.
Il primo punto su cui riflettere è che il nostro cervello è chimicamente e fisiologicamente attrezzato per sperimentare un patrimonio emotivo raffinatosi nel corso dell’evoluzione, garantendo la sopravvivenza della nostra specie e mantenendo il significato biologico e sociale dei sentimenti, nell’ambito dei quali se, ad esempio, la tristezza ci consente di recuperare le forze dopo un fallimento o una perdita, ecco che la paura ci permette di affrontare con consapevolezza i pericoli.
Ma a questo punto… Come affrontare un cambio vita? Come ritrovare lo slancio? Cosa fare per abbattere i muri della paura e dello spettro del fallimento?
Ne abbiamo parlato con Isabella Mandelli, Artista eco-sociale, Coach certificato e Life Skills Trainer che a Milano vive e lavora.

DAI VERTICI DEL TOP MANAGEMENT AZIENDALE A UNA VITA DEDICATA ALL’ARTE.
Per parlare di inclusività, cura e rispetto.
In questo orizzonte sociale così frammentato ci sono persone che nonostante tutto hanno avuto la forza di osare e “ce l’hanno fatta”. Persone da cui trarre insegnamenti e suggerimenti come nel caso di Isabella Mandelli, oggi watercolor artist attenta a tutto ciò che è green, Coach emotivo comportamentale e Life Skills Trainer che ha realizzato un cambio vita a dir poco imponente avendo, fino allo scorso anno, rivestito il ruolo di Top Manager all’interno di una multinazionale americana colosso del settore medicale, in qualità di AD.
Attraverso le sue opere ad acquerello, l’artista parla al mondo di rispetto dell’ambiente e cura dell’altro, inclusività e Leadership premurosa. Le sue creature, ovvero i Barabubbles (Barabà, Oco, Finolu e Boda) sono personaggi onirici che fluttuano in un mondo incantato e armonioso, e ciascuno di essi è connotato da distinte e frizzanti personalità, basate sugli studi psicologici di Jung.
Tra giochi di luci e colori, bolle trasparenti, allegorie di vario genere e lancio di cuori nell’aria, i Barabubbles arriveranno anche in Giappone con un tour artistico che partirà dalla città di Osaka verso la fine di Aprile 2025. Stay tuned!
Quale consiglio dare, dunque, a chi tentenna per un cambio vita sebbene lo desideri fortemente?
A chi sente il desiderio di cambiare vita ma esita, il primo consiglio è di ascoltarsi profondamente e definire con chiarezza cosa rappresenta quel cambiamento. Spesso la paura nasce dall’incertezza: prendere tempo per analizzare i motivi del proprio desiderio e i timori che lo ostacolano è fondamentale. Andare alla ricerca della propria scintilla creativa: ognuno di noi ne ha una e basta scoprirla!
Un secondo passo è iniziare a visualizzare concretamente il cambiamento desiderato, magari creando un piano graduale. Non sempre è necessario buttarsi nel vuoto: piccole azioni, come formarsi su un nuovo argomento, esplorare altre opportunità o confrontarsi con chi ha già intrapreso un percorso simile, possono trasformare il sogno in un obiettivo raggiungibile.
Per me l’arte con i Barabubbles e la formazione esperienziale hanno sempre costituto un punto fermo, un desiderio che ho cercato da subito di portare all’interno dell’azienda attraverso paths formativi basati sugli stili comportamentali di Jung e sulle leve motivazionali. Un percorso, insomma, che ho applicato in primis su di me.
Infine, bisogna essere consapevoli che la vita è dinamica: rimanere fermi per paura può essere più rischioso che muoversi verso ciò che invece ci rende felici. Un cambiamento ben ponderato è spesso il primo passo verso una versione più autentica e soddisfatta di se stessi.
E in lei, Isabella, quale molla è scattata e qual è il suo bilancio ad oggi?
Il cambiamento per me è stato il frutto di una profonda necessità interiore. Dopo una carriera intensa come top manager, ho sentito il bisogno di ritrovare autenticità e di vivere in coerenza con i miei valori. È scattato qualcosa quando mi sono resa conto che il mio lavoro non stava più nutrendo l’anima, e ho scelto di usare la creatività come strumento per esplorare e promuovere un nuovo equilibrio tra il benessere umano e quello del pianeta.
La mia molla è stata l’arte, ma non solo come espressione creativa, bensì come strumento per mettere a frutto la mia esperienza manageriale in contesti nuovi e significativi. Ho scelto di portare l’arte in aziende, istituzioni e ospedali, perché credo profondamente nel suo potere di insegnare, di far riflettere e di creare connessioni autentiche.
L’arte è un linguaggio che riesce a veicolare messaggi importanti con leggerezza, aiutando le persone a conoscersi meglio e a costruire relazioni più profonde, sia nell’ambiente lavorativo, dove spesso prevalgono stress e tensioni, sia negli ospedali, dove è fondamentale migliorare il dialogo e la fiducia tra medici e pazienti.
Ad oggi, il mio bilancio è positivo: vedere come l’arte riesca a trasformare i contesti e le persone mi conferma che questa è stata la strada giusta per me. Ho imparato che il cambiamento, quando mosso da una passione autentica, non solo arricchisce chi lo intraprende ma lascia un impatto tangibile anche sugli altri.
Attraverso la sua arte, lei è arrivata a formulare la filosofia de “l’errore non esiste”. Può dirci di cosa si tratta e come questo pensiero potrebbe essere di aiuto a chi è bloccato nella paura del fallimento?
La Filosofia dell’Errore Non Esiste nasce dall’osservazione che ciò che percepiamo come errore è, in realtà, un’opportunità di apprendimento. Nell’arte, come nella vita, ogni “errore” porta con sé un potenziale creativo, uno spazio per esplorare nuove possibilità. È un approccio che ho sviluppato nei miei workshop e nelle mie opere: accogliere l’imprevisto, imparare a trasformarlo e integrarlo come parte del nostro percorso, valorizzando ogni passo, anche quello che sembra sbagliato.
Nei miei mondi colorati porto armonia, gioia e rispetto anche dei propri e altrui limiti. In quest’ottica ho riflettuto a lungo sul concetto e significato sia di sbaglio, nella sua portata soggettiva, sia di errore, nella sua intrinseca oggettività, sino a formulare la filosofia de “l’errore non esiste” basata sull’idea più ampia e universale che l’errore sia un errare umano, un perdersi per poi riconoscersi ancora più autenticamente. Un’opportunità insomma, e non un freno.
Non uno stop brutale. Non un ‘momento’ cupo e negativo o una lettera scarlatta da appiccicare sul petto di qualcuno. Ma solo e semplicemente un’occasione per ricominciare tentando strade diverse da quelle consuete e guardando verso nuovi orizzonti. Tutti no siamo fragili e imperfetti ed è proprio accettando l’errore e sospendendo il giudizio che è possibile riniziare e accettarsi: dall’errore si impara o si innova.
Tra le molte attività da lei svolte e idee, ci sono anche dei particolarissimi workshop in ambito aziendale. Un ritorno alle origini? Perché?
Mi piace parlare in tal caso di PerformHearth Experiences ovvero parentesi esperienziali a metà tra Team Building e Formazione attraverso workshop artistico-pittorici, basati sia sulle competenze manageriali che ho sviluppato in anni di azienda sia su mie doti artistiche, il tutto con la finalità di stimolare la comprensione e l’accettazione delle diversità e l’accoglimento dell’altro attraverso una leadership premurosa che induca a prendersi cura di sé e di chi ci è accanto, con benevolenza e in armonia, utilizzando l’arte come veicolo formativo.
Del resto, che si lavori in sede o in modalità smart working, l’ambiente professionale dovrebbe essere insieme con la famiglia un luogo di accoglienza e di confronto dove chi ricopre ruoli apicali dovrebbe essere più comprensivo di quanto non accada oggi. In questo modo l’ arte diventa fruibile dovunque e da tutti, anche al di fuori degli spazi convenzionali della pittura, in netto contrasto con le logiche spesso iper-razionali delle aziende, portando a piacevoli momenti di autoconsapevolezza, riflessione e confronto collettivo.