Prosegue lo sfavillante programma di “GO! 2025&Friends” per celebrare Nova Gorica – Gorizia Capitale europea della Cultura e questa volta a lasciare senza fiato è “Confini da Gauguin a Hopper. Canto con variazioni”, che porta in dote al complesso dogale di Villa Manin (Passariano di Codroipo), in provincia di Udine, 130 capolavori di una cinquantina di grandi artisti dell’Ottocento e del Novecento e provenienti da 42 musei non solo europei ma anche americani.
Una mostra unica, dal respiro internazionale, che prende per mano il visitatore accompagnandolo in un emozionante percorso delle meraviglie e coinvolgendolo in una riflessione intima su un tema di eterna attualità, quello dei “confini”: fisici, geografici, culturali, interiori, intimi, il qui e l’altrove. Confine come limite e come punto di partenza insieme. Come luogo di scambio e occasione di conoscenza, nel pieno e consapevole rispetto delle diverse identità sotto qualsiasi punto di vista le si consideri.
La mostra prende avvio da una sala introduttiva, che già ne delinea i contenuti: alcuni capolavori, anche di grandi dimensioni, come le opere di Anselm Kiefer e Mark Rothko, dove il confine si fa, seppure in modo diverso tra i due, dilagante, a fissare linee che sono orizzonti.
E ancora la famosissima “Onda” di Gustave Courbet, movimento verso l’immenso. Per poi andare a Monet che, con “La chiesa di Varengeville”, va a proporre spazi sul mare di cui non si intravede la fine. Infine, un Cezanne provenzale, quella sorta di altrove domestico che ricerca i confini non solo nelle isole tropicali alla maniera di Gauguin ma anche in altri luoghi, geografici o metaforici.
Il primo capitolo della mostra è riservato al confine interiore, allo sguardo dentro sé stessi, all’autoritratto. La sequenza è mozzafiato: Munch, Gauguin, Van Gogh, Hodler, Kirchner… Poi la galleria di splendidi ritratti: Courbet, Manet, Degas, Renoir, Modigliani, Bacon, Giacometti, nella ricerca nei volti di un confine quotidiano, anche con tutte le “bruciature” novecentesche.
Le successive sale (la seconda, fondamentale) sono dedicate al rapporto tra l’uomo e la natura, figure e spazio soprattutto nella grande pittura americana tra Ottocento e Novecento. Molte sono le opere che per la prima volta giungono in Italia e in Europa, dai protagonisti della “Hudson River School” per giungere alla figura chiave di Homer a cavallo tra i due secoli, e poi nel Novecento soprattutto Hopper e Diebenkorn, due artisti che hanno reso la pittura americana uno scrigno di meraviglie. Infine, le modulazioni fantastiche di Andrew Wyeth. Per tornare quindi in Europa con l’interpretazione del rapporto figure e natura in grandi maestri come Segantini, Böcklin e Matisse.
“Alla ricerca del Paradiso perduto” potrebbe essere indicato come tema della terza, ampia sezione dove eden esotici dialogano con eden più prossimi, espressi in opere universali, pietre miliari della storia dell’arte, da Gauguin a Monet, da Van Gogh a Cezanne e Bonnard.
Quando la ricerca dei confini non porta gli artisti verso la dimensione del lontano, accade che quei confini si spingano a farsi vicinanza. A questo è dedicata la quarta sezione, dove una quarantina di straordinarie xilografie giapponesi, raccolte in due successive sequenze (per non esporre troppo a lungo alla luce quei fogli preziosi), sono presenti. Provengono da un’unica collezione privata, con i maggiori nomi dell’ukiyo-e, da Utamaro a Eisen, da Hokusai a Hiroshige.
Monet e Van Gogh possedevano molte centinaia di quelle xilografie. L’arte, e quella francese in primis, ne fu ampiamente toccata. Il confine si tendeva al di là degli oceani e raggiungeva chi aveva lo spirito giusto per accogliere quel mondo incantato.
Ciò che attende i visitatori nella quinta sezione, che occupa l’intero piano terra dell’Esedra, e’ qualcosa di indescrivibile. Quasi 60 opere che conducono verso i diversi confini compresi negli elementi naturali: montagne, mari, cieli e infine l’Universo. Insieme ad artisti come Caspar David Friedrich, l’immenso romantico tedesco, anticipatore tra l’altro delle atmosfere della pittura americana dell’Ottocento.
Ci sono anche il mare di William Turner, i cieli impressionisti di Monet, Sisley, Pissarro, la montagna Sacra di Cezanne, la Sainte-Victoire, affiancata alle alpi svizzere di Segantini, mentre l’eterno della natura permea di sé ogni tela. Il passaggio tra Ottocento e Novecento è invece segnato dai dipinti da Munch, e ancora Monet, Piet Mondrian, Edward Hopper, Emil Nolde.
Un’intera sala è riservata alle ninfee di Monet, in cui il cielo di Normandia si specchia nello stagno di Giverny. Mentre arriva la transizione verso i cieli piatti di De Staël sopra la Senna a Parigi, per assurgere ai cieli interiori di un pittore immenso come Mark Rothko.
“Confini da Gauguin a Hopper è una delle mostre più importanti a livello europeo e con essa il Friuli Venezia Giulia ribadisce la sua apertura internazionale e la volontà di offrire ai cittadini e ai visitatori un’esperienza culturale di altissimo livello. Villa Manin, restituita nella sua piena funzionalità, diventa oggi luogo simbolo non solo della nostra storia, ma anche della capacità della regione di guardare al futuro, trasformando i confini in opportunità di dialogo e crescita condivisa”. Parola di un orgoglioso Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia -.
Da Gauguin a Hopper e oltre … il confine diventa un concetto dal significato plurimo e ogni opera d’arte si trasforma in un ponte attraverso cui superare differenze di cultura, storia, linguaggio e sensibilità per scoprire nuovi orizzonti interiori ed esteriori, nostri e altrui.




