L’evoluzione della promozione pubblicitaria in Italia sul fronte moda nel corso della seconda metà del Novecento ha regalato emozioni forti che oggi si possono rivivere (fino al 14 dicembre 2025) negli spazi di Fondazione Magnani-Rocca, la celebre Villa dei Capolavori a Mamiano di Traversetolo, grazie ad una mostra allestita nei saloni contigui a quelli che ospitano permanentemente opere capitali di Tiziano, Dürer, Van Dyck, Goya, Canova, Renoir, Monet, Cézanne, Morandi e molti altri.
La moda si conferma una macchina potente di comunicazione e si definisce sempre più come linguaggio e performance del corpo, in un racconto fatto di moda e pubblicità insieme, che arriva ad essere ritratto di un’epoca e al tempo stesso ad indagare i cambiamenti economici, sociali e culturali del nostro Paese.
Tra manifesti, riviste, spot, fotografie, cinema, video, gadget pubblicitari e persino le mitiche figurine Fiorucci, per un totale di trecento opere, questo inedito percorso attraversa mezzo secolo di trasformazioni dell’immaginario collettivo, con uno sguardo filologico e insieme poetico sulla storia della moda e della sua comunicazione. Il cinema e la televisione ne diventano lo specchio, con spot entrati nel mito collettivo.
Del resto, è proprio dal 1950 al 2000 che lo stile italiano si lancia imperioso nel mondo da Armani, Benetton, Dolce & Gabbana, Emilio Pucci, Fendi, Fiorucci, Gianfranco Ferré, Guarnera, Gucci a Marina Rinaldi, Max Mara, Moschino, Salvatore Ferragamo, Valentino, Versace e Coveri passando per Zegna e Walter Albini, tutti protagonisti indiscussi del Made in Italy di quegli anni.
In esposizione gli scatti dei grandi maestri della fotografia di moda – Giampaolo Barbieri, Giovanni Gastel, Alfa Castaldi, Maria Vittoria Backhaus – e le illustrazioni di René Gruau, Sepo, Erberto Carboni, Franco Grignani, Guido Crepax, Antonio Lopez, Lora Lamm, oltre al lavoro particolarissimo e destabilizzante di Oliviero Toscani.
L’Italia entra nel secondo dopoguerra timidamente, osservando il dinamismo pubblicitario americano ma restando ancorata a un sistema artigianale: grafici, illustratori, cartellonisti. Lo sviluppo è rallentato da un sistema mediatico rigido e pedagogico ma proprio questa lentezza rafforza una forma di “italianità pubblicitaria”, un gusto visivo e narrativo che unisce memoria, ironia e affabulazione.
La vera svolta arriva con le televisioni private, il colore in tv, la disgregazione dei modelli unici: la pubblicità diventa un linguaggio pop, potente, invasivo e da’ vita a una nuova forma d’arte visiva, di cui la moda diventa laboratorio vibrante. Una nutrita sezione della mostra viene dedicata proprio alla visione di alcuni degli spot televisivi più iconici di quegli anni, entrati a far parte dell’immaginario collettivo, mentre gli anni Ottanta e Novanta ricordano l’indiscusso successo mondiale del brand “Made in Italy”. La moda italiana smette di essere solo industria e comunica storie, personaggi, esperienze creando nuovi immaginari.
L’Archivio Storico Barilla ha addirittura messo a disposizione alcuni spettacolari caroselli con Mina (1965-1970) che indossa gli abiti disegnati da Piero Gherardi, costumista di Fellini, e da altri celebri couturier.
Non poteva esserci sede più prestigiosa della Fondazione Magnani-Rocca che custodisce una delle più importanti collezioni d’arte di origine privata al mondo. La Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo, espone infatti le opere appartenute a Luigi Magnani, con autori quali Monet, Renoir, Cézanne, Goya, Tiziano, Dürer, de Chirico, Rubens, Van Dyck, Filippo Lippi, Carpaccio, Burri, de Pisis, Tiepolo, Canova e la più significativa raccolta di lavori di Morandi.
Immersa nella campagna di Parma, la Villa conserva il fascino senza tempo degli ospiti illustri che l’hanno frequentata, con i suoi arredi di epoca neoclassica e impero, circondata dal Parco Romantico, un grande giardino all’inglese con piante esotiche, alberi monumentali e gli splendidi pavoni bianchi e colorati. Il Parco storico è stato recentemente restaurato grazie ai fondi del PNRR. Si tratta di un unicum per la sua eccezionale stratificazione: pochi luoghi in Italia possono vantare una testimonianza altrettanto completa dell’evoluzione dell’arte del giardino.
Nel parco coesistono armoniosamente tre visioni del paesaggio: il giardino formale ottocentesco voluto nel 1819 dal generale Filippo Paulucci delle Roncole, il parco all’inglese romantico realizzato da Marianna Panciatichi tra il 1850 e il 1860, e il giardino all’italiana progettato da Luigi Magnani negli anni ’60 del Novecento.
A completare questa sintesi viva di tre secoli di paesaggismo, un giardino contemporaneo ispirato al “New Perennial Movement”, che reinterpreta in chiave ecologica e sensibile il rapporto tra natura, estetica e cultura.




