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Le ceramiche di Lucio Fontana incontrano la Collezione Peggy Guggenheim 

Le ceramiche di Lucio Fontana incontrano la Collezione Peggy Guggenheim 

La Collezione Peggy Guggenheim apre le sue porte a Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana, prima personale mai realizzata in ambito museale ad essere esclusivamente dedicata all’intera produzione di opere in ceramica di Lucio Fontana (1899–1968), tra gli artisti più innovativi, e a suo modo irriverenti, del XX secolo.

Fino al 2 marzo 2026 chiunque metterà piede nella Serenissima potrà lasciarsi incantare dalle ceramiche di Fontana, lavoro iniziato in Argentina negli Anni Venti e proseguito poi per tutto il corso della sua vita. 

Si tratta della prima monografica a offrire un esame approfondito della produzione in ceramica di Fontana, a cura della storica dell’arte Sharon Hecker: “A lungo associata all’artigianato più che all’arte, oggi la ceramica di Fontana sta ricevendo una nuova attenzione grazie al rinnovato interesse per questo materiale nell’arte contemporanea”.

Circa settanta le opere storiche in mostra, di cui alcune delle quali mai esposte prima, provenienti da note collezioni sia pubbliche sia private, per fare ancora più luce sulla portata della visione scultorea di Fontana attraverso un materiale come la creta, ricco terreno di sperimentazione ricco e produttivo. 

L’esposizione proposta ripercorre la produzione ceramica di Fontana, toccando due continenti e quattro decenni cruciali, e intrecciando cronologia e temi scultorei in un racconto inedito.

La sua variegata produzione spazia dalle sculture figurative a forme radicalmente astratte, specchio dei diversi contesti storici, sociali, politici e geografici in cui Fontana visse e operò. 

Differenti le tecniche e diversi i soggetti: donne, animali marini, arlecchini, guerrieri e sculture astratte, con un approccio originale all’argilla  sino alla realizzazione  di oggetti per interni privati, dai piatti ai crocifissi, dai caminetti alle maniglie, spesso in collaborazione con importanti designer. Con rinomati architetti milanesi creò anche fregi ceramici per facciate di edifici e sculture destinati a chiese, scuole, cinema, hotel, circoli sportivi e tombe.

Inaugura il percorso espositivo Ballerina di Charleston, un’opera realizzata al ritorno dell’artista in Argentina nel 1926, dopo il trauma della Prima guerra mondiale combattuta da giovane insieme agli altri “ragazzi del ’99”. Da qui si prosegue nell’Italia del periodo fascista, dove, nei primi Anni Trenta, l’artista crea piccole terrecotte intime, non smaltate e con leggeri tocchi di colore per poi approdare alla stagione degli straordinari esperimenti con gli smalti, resa possibile grazie alla collaborazione con gli artigiani di Albisola. 

La Seconda Guerra mondiale segna il ritorno di Fontana in Argentina, dove continua a lavorare la ceramica, per poi rientrare ancora una volta nell’Italia del dopoguerra. Una sala è poi dedicata ai ritratti più personali delle figure femminili che fecero parte della sua vita, testimonianza dell’intima relazione che ebbe tanto con le donne da lui ritratte – dalla moglie Teresita, alla scrittrice e intellettuale Milena Milani, unica donna firmataria del Manifesto dello Spazialismo, alla ceramista Esa Mazzotti – quanto con la materia. 

Ad accompagnare l’esposizione un cortometraggio inedito, Le ceramiche di Lucio Fontana a Milano, appositamente commissionato e realizzato dal regista argentino Felipe Sanguinetti, per un viaggio cinematografico attraverso diversi luoghi della città di Milano, dove Fontana ha realizzato i suoi lavori grazie alla collaborazione con importanti architetti italiani, tra cui Osvaldo Borsani, Roberto Menghi, Mario Righini, Marco Zanuso.

La mostra mette in risalto la forza materica della creta, liscia, ruvida, incisa, grezza, dipinta, smaltata, tagliata, bucata, e l’innovativa capacità di Fontana di intrecciare i linguaggi dell’arte e dell’artigianato, del design e della manualità, invitando il pubblico a riconsiderare questo straordinario pioniere dello Spazialismo e dell’arte concettuale anche nella veste di scultore.

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