“Mi avventuro nel mondo per respirare la sua dubbia reputazione
E il suo umorismo, per vedere più chiaramente, per cercare finalità e conoscenza, per aprirmi, per cogliere in modo esuberante e inesorabile la luce.” (Rodney Smith)
Arriva per la prima volta in Italia una straordinaria mostra monografica che celebra l’opera dell’acclamato fotografo newyorkese Rodney Smith (1947-2016).
L’ampia retrospettiva che ha debuttato a Palazzo Roverella il 4 ottobre, porta a Rovigo fino al primo febbraio 2026 oltre cento opere evocative di Smith, introducendo il pubblico italiano a un grande protagonista della fotografia, noto per la sua inconfondibile estetica data dal raffinato connubio di eleganza classica, composizione rigorosa, elegante ironia e atmosfere surreali, quanto basta per un parallelo da parte della critica internazionale con le opere del pittore René Magritte.
A lungo acclamato per le iconiche immagini in bianco e nero che combinano ritratto e paesaggio, Rodney Smith ha dato vita a mondi incantati quasi visionari, pieni di sottili contraddizioni e delicate sorprese.
Realizzate con il solo ausilio di pellicola e luce naturale, le sue immagini oniriche, mai ritoccate, si distinguono per una meticolosa cura artigianale e una straordinaria precisione formale.
Allievo di Walker Evans, influenzato da Ansel Adams e ispirato dall’opera di Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson e William Eugene Smith, le sue fotografie sono apparse su pubblicazioni di spicco quali “TIME”, “Wall Street Journal”, “The New York Times”, “Vanity Fair” e molte altre. Non da ultimo, Smith ha ottenuto grandi riconoscimenti per la sua fotografia di moda in collaborazione con rinomati marchi tra cui Ralph Lauren, Neiman Marcus e Bergdorf Goodman.
La sua estetica mostra inoltre evidenti parallelismi con la tradizione cinematografica e si avvale di netti rimandi all’opera di registi del calibro di Alfred Hitchcock, Terrence Malick e Wes Anderson, senza tralasciare un palese tributo e a leggende del cinema muto quali Buster Keaton, Charlie Chaplin e Harold Lloyd.
Uomo colto e appassionato studioso di teologia e filosofia, mosso da una ricerca continua del significato della vita, Smith ha trovato nella fotografia il linguaggio d’elezione che gli ha consentito di esprimersi al meglio.
Proprio lui che con il suo stile distintivo ha affinato la percezione delle cose, portando ordine nel caos. Lui che amava definirsi un “ansioso solitario” e trovava conforto nel catturare immagini considerandole un modo per “riconciliare il quotidiano con l’ideale”, rivive oggi a Palazzo Roverella in un percorso di grande suggestione che si snoda attraverso un tappeto di emozioni legate all’esposizione di immagini iconiche in cui il mondo si riflette tra humour, grazia e ottimismo.
Le fotografie di Rodney Smith stupiscono, affascinano e intrigano, accompagnando l’osservatore in regni poetici di riflessi e riflessioni. Sereni luoghi immaginari evocano un senso di benessere e inducono chi li osserva a sorridere e ad abbandonarsi alla tenerezza e, grazie a questa apertura e distensione, a provare stupore e ammirazione.
“Ogni immagine creata da Smith, con la cura e la precisione di un orafo, è un tentativo sempre nuovo di ricreare questa armonia divina e di raggiungere uno Stato superiore, anche solo per un istante. Ogni immagine è eterea ed estatica. (…) In qualsiasi punto dell’immagine si posi lo sguardo, l’occhio è immediatamente sedotto dalla grazia, dalla raffinatezza, dallo squisito accostamento di forme e contro forme, dalla diversità delle materie e dalla ricchezza narrativa che eccelle per sobrietà, parsimonia e silenzio.”
Cosi si esprime la curatrice Anne Morin che ha saputo creare un percorso espositivo di grande potenza visiva e sapientemente suddiviso in sei sezioni tematiche: La divina proporzione, Gravità, Spazi eterei, Attraverso lo specchio, Il tempo, la luce e la permanenza, Passaggi.
La maggior parte delle opere esposte sono in bianco e nero, a testimonianza del fatto che Smith ha iniziato a lavorare con il colore solo a partire dal 2002. Del resto, come ha ben spiegato lo stesso fotografo:
“Dopo quarantacinque anni e migliaia di rullini, provo ancora questo amore incondizionato per la pellicola in bianco e nero. Tuttavia, contrariamente a quanto pensavano molti miei conoscenti, ho cambiato idea e circa otto anni fa ho iniziato a scattare anche a colori. Assolve a una funzione diversa per me, e ne parlerò più avanti, tuttavia non c’è niente per me come l’oscurità e la sfolgorante intensità del bianco e nero. È un’astrazione che avviene per aggiunta. Sì, c’è molto più colore nel bianco e nero di quanto non ve ne sia nel colore”.
Di fatto, una volta che Smith – maestro indiscusso di un’eleganza senza tempo – ha abbracciato il colore e la fotografia di grande formato, i risultati sono stati sorprendenti e oggi troviamo le sue opere in musei, gallerie e prestigiose collezioni private di tutto il mondo. Perché allora non cominciare a conoscerlo più da vicino partendo proprio da Rovigo?



