Magliano in Toscana ti colpisce mentre passi sulla statale 323, come una fionda emozionale: le poderose mura di cinta senesi abbattono la contemporaneità e riversano onde medievali al solo sguardo. Questo borgo, in piena Maremma, vede la luce in epoca etrusca-romana (ai tempi si chiamava Heba) per poi passare sotto il dominio degli Aldobrandeschi, di Siena e del Granducato di Toscana nonché della famiglia Medici.
Un insediamento di rara bellezza, dove si respira il fluire della storia. Le 90 foto del libro Di Terra e Spirito, di Federico Strinati, lo raccontano in maniera magistrale.
Strinati è abituato alla produzione audiovisiva, in veste di amministratore e direttore creativo di Dialoghi-Raccontare l’arte, accreditata presso il Mibac. Non stupisce perciò che il suo libro diventi un vero e proprio Manifesto Visivo che ci riporta a un respiro umano, meno concitato e più affine alla campagna che abbraccia Magliano come una custode silenziosa.
Di Terra e di Spirito racconta l’identità della Maremma, dove Magliano, Montiano e Pereta diventano pagine di un racconto, legame con la natura, con gli sconfinati i campi di ulivi e il silenzio assolato della campagna circostante.
Lo slow time della “sentinella della Toscana”
Il volume percorre, in circa 90 scatti, ogni andito dello splendido borgo, definito “sentinella della Maremma” che rappresenta in toto per il legame fortissimo con il paesaggio agreste. Una perla che sboccia fra la terra rossa, le distese verdi, il cobalto del cielo, come se storia e natura trovassero un punto di incontro perfetto.
Il racconto non può che partire dalle possenti mura di cinta senesi, dipanandosi per i vicoli, per le chiese: la Chiesa della Santissima Annunziata, che custodisce affreschi rari e preziosi, vere perle d’arte sacra nate dalla devozione popolare e del rapporto con il paesaggio agreste cui la “sentinella della maremma” è legata a filo doppio.
Qui si trova il famoso Piombo di Magliano, una lamina in piombo di forma circolare, con diametro di circa 8 cm e risalente al V sec. a. C. Sulle due facce del piombo è incisa un’iscrizione con movimento a spirale che contiene settanta parole. Si tratta di uno dei testi più lunghi della lingua etrusca mai ritrovato.
La Bella Marsilia, rapita dai Saraceni
La fortificazione della Bella Marsilia, risalente all’epoca degli Aldobrandeschi, trae il nome dalla fanciulla che qui viveva e che fu rapita dai Saraceni, diventando la favorita nell’harem del sultano Solimano il Magnifico.
Ma a Magliano ci fu anche un Casanova locale, Checco il Bello, cui è attribuito il palazzo costruito nei primi anni del XIV Secolo. Dapprima, nel palazzo vissero la famiglia Monaldeschi di Orvieto e vi soggiornarono anche i conti Aldobrandeschi. Poi, a inizio Novecento, il luogo fu abitato da Francesco Salvi, detto Checco il Bello per le sue doti estetiche. Il palazzo è un ottimo esempio di architettura gotico senese, con bifore e cornici in travertino chiaro locale.
La chiesa di San Bruzio, o Canonica di San Tiburzio, è un’antica costruzione romanica nell’area della necropoli etrusca adiacente a Magliano e risalente all’XI secolo, con elementi che richiamano lo stile franco lombardo. Fu costruita dai benedettini intorno all’anno mille, poi successivamente completata. Attorno ad essa aleggiano leggende, come quella che vorrebbe esauditi i desideri di chiunque abbia cuore puro. Il mito nasce dalla storia di una giovane innamorata, che andò per pregare e salvare la vita dell’uomo che amava: il desiderio si avverò, solo che la donna tornò al luogo sacro per donare la propria vita, in quanto l’uomo dei suoi sogni l’ aveva già dimenticata.
Un’altra leggenda narra che la chiesa fosse un luogo dove le suore partorivano i loro figli illegittimi o nati da violenze, e che i loro pianti si possano ancora sentire tra le rovine. Questo monastero è senza dubbio pieno di misteri, considerata la natura pagana di alcune statue che ancora si intravvedono. Si parla anche di Templari e del fatto che il Conte Guglielmo II degli Aldobrandeschi, dopo il matrimonio della figlia Margherita con Brunaccio da Montelaterone si sia ritirato in questa Canonica nell’anno 1253.
Il meraviglioso documento fotografico di Federico Strinati si inserisce a pieno titolo nel percorso inaugurato dalla rassegna Magliano Contemporanea, e ne diventa un tassello fondamentale: non solo un libro da collezionare, ma un atto culturale che mira a valorizzare la Maremma come territorio di pensiero, bellezza e spiritualità. Un luogo che – come ha sottolineato la curatrice Maria Grazia Londrino – merita di essere guardato, raccontato, amato in profondità.


