“Non è poi cosi lontana Samarcanda…” E lo sanno bene in Uzbekistan dove a settembre 2025 si terrà la prima edizione della Biennale di Bukhara che mette in scena l’arte contemporanea sulla Via della Seta.
Certo di tempo ne è passato da quel lontano 1977 in cui, per la prima volta, Roberto Vecchioni cantava Samarcanda raccontando di un ardito soldato che cercò invano di sfuggire a ineluttabile morte, eppure a distanza di un nuovo secolo la cultura uzbeka ci richiama ancora una volta – con le sue città, la sua arte, la sua storia e le sue leggende – all’ineluttabile legame dell’uomo con la morte.

E del resto proprio in Uzbekistan, la morte stessa e l’arte sono strettamente intrecciate e continuano ad avere un impatto significativo sul Paese. Come dimenticare le persecuzioni e repressioni subite da tantissime artisti e come tacere il fascino disarmante di città storiche tra cui si impone l’amatissima Bukhara, con il Mausoleo dei Samanidi (XI secolo), considerato uno dei lavori più apprezzati di architettura dell’Asia Centrale, la Moschea Maghoki-Attar dell’IX secolo, la storica Fortezza Ark, il sontuoso Palazzo d’Estate dell’Emiro e l’altrettanto maestoso Minareto Kalyan – così bello che persino Gengis Khan non osò distruggerlo – risalente al XII secolo, uno dei simboli della città alto più di 100 metri. Ma si potrebbe continuare.
Guardando in direzione Settembre 2025, circa settanta artisti provenienti non solo dall’Asia Centrale ma anche dal resto del mondo, inclusi chef di fama mondiale, prenderanno parte alla Biennale di Bukhara dando voce alla visione curatoriale della direttrice artistica Diana Campbell che con la supervisione della commissaria Gayane Umerova propone un ricco itinerario di opere site specific collocate nei diversi siti storici della città restaurati per l’occasione sulla scorta di un progetto permanente e a lungo termine volto proprio alla rivitalizzazione di tali spazi.
Nasce così un tributo sincero e appassionato all’artigianato e alla cucina uzbeki quali forme d’arte a pieno titolo.
Installazioni ispirate all’architettura, performance, opere d’arte visiva, poesia, esperienze culinarie, daranno vita ad un viaggio multisensoriale e avvolgente come lascia ben presagire lo sfaccettato programma multidisciplinare che tocca pittura, scultura, performance, musica, cinema e gastronomia.
Dal 5 settembre al 20 novembre 2025 Bukhara sarà dunque il palcoscenico d’elezione di questo incredibile evento internazionale dal titolo Recipes for Broken Hearts e organizzato dall’Uzbekistan Art and Cultural Development Foundation (ACDF).
In quella che si prepara ad essere la prima grande Biennale dell’Asia Centrale, si assisterà ad una mirabile fusione di arte, artigianato locale e cultura gastronomica, attraverso opere dalla narrazione condivisa.

“Recipes for Broken Hearts è stato molto più che realizzare opere d’arte o allestire una mostra”, ha dichiarato la curatrice Diana Campbell, “è stato un tentativo di guarire dai modi dolorosi e precostituiti con cui ci è stato insegnato a pensare all’arte in termini gerarchici, e di lavorare insieme per smantellare questi schemi obsoleti”.
Tra gli artisti internazionali figurano nomi del calibro di Antony Gormley, Eva Jospin, Carsten Höller, Wael Shawky, Subodh Gupta, Erika Verzutti, Delcy Morelos, Laila Gohar, oltre al collettivo Slavs and Tatars, e a Binta Diaw e Bekhbaatar Enkhtur direttamente dall’Italia.
Diversi i progetti già confermati come quello dell’artista coreano-uzbeka Daria Kim che con il suo lavoro si concentrerà sulle numerose storie della diaspora coreana in Uzbekistan.
Ogni intervento si intreccia inoltre con i mestieri storici e con le tradizioni culturali del luogo, valorizzando la collaborazione con la comunità locale. L’artista Oyjon Khayrullaeva, ad esempio, ha realizzato con il ceramista Abdurauf Taxirov una serie di “organi umani” in mosaico, dislocati nei siti espositivi, a partire da uno stomaco collocato sopra l’ingresso del Café Oshqozon, uno degli spazi simbolo del progetto: qui, performance culinarie, conferenze, workshop e proiezioni si affiancheranno ad eventi celebrativi della tradizione gastronomica della città.
Cucina come arte e cibo come narrazione emotiva saranno il liet motiv della Biennale di Bukhara. Non a caso ad aprire e chiudere l’intera kermesse sarà lo chef e monaco buddhista Jeong Kwan, figura di riferimento della cucina meditativa. La sua performance sul tempo e la fermentazione del kimchi onorerà la presenza della comunità coreana in Uzbekistan: i cibi fermentati all’inizio della Biennale verranno consumati alla sua conclusione, simboleggiando un processo di trasformazione e guarigione.
Molte le collaborazioni culinarie: tra le più interessanti si segnalano quella tra Carsten Höller e gli chef uzbeki Bahriddin Chustiy e Pavel Georganov, per una riflessione sul cibo come punto d’incontro tra scienza ed emozione; quella tra Delcy Morelos e il mercante Abdulnabil Kamalov, con una scultura realizzata in spezie e sabbia, passando per il luminoso padiglione realizzato in cristalli di sale da Laila Gohar. Samah Hijawi e Ahmad Arabov presenteranno, invece, un murale ricamato che ripercorre le rotte del commercio alimentare lungo la Via della Seta, così ribattezzata nel 1877 dall’esploratore tedesco Ferdinand von Richthofen.